L’idea nacque dalla preoccupazione di padre Ugo de Censi (sacerdote salesiano, fondatore dell’Operazione Mato Grosso), di poter offrire un lavoro alle ragazze che avevano frequentato i cinque anni di scuola professionale sulla Sierra.

È doveroso fare un passo indietro per spiegare di cosa si tratta.

La scuola professionale, chiamata “taller” ovvero laboratorio, accoglie in forma totalmente gratuita le bambine piú povere dei villaggi limitrofi, che hanno concluso le scuole elementari e che, a causa delle estreme condizioni di povertá non hanno la possibilitá di proseguire gli studi. Per risultare idonee alla scuola, bisognava sostenere un esame di ingresso che consisteva nel rispondere alle seguenti domande: 

  • i tuoi genitori sono vivi?
  • Quanti fratellini hai?
  • Quanti membri ha la tua famiglia? 
  • La capanna dove vivi è vostra? Ha il tetto di paglia?
  • Quanti cuy (porcellini d’India – sono commestibili-), galline avete?
  • Avete pecore, cavallo, asino?
  • Avete un terreno da coltivare?
  • Quante volte mangiate al giorno?

In base al grado di povertá si è scelti per frequentare la scuola.

Il taller le prepara dal punto di vista professionale, educativo e morale, seguendo il metodo salesiano di Don Bosco, offrendo loro un’istruzione e insegnando a lavorare a telaio, a maglia, a ricamo.

Le bambine vivono in comunitá, nelle strutture dell’internato, ricevendo 4 pasti abbondanti al giorno (con primo e secondo), un comodo letto, acqua corrente e potabile. Ció che manca nelle loro case, dove spesso mangiano solo due volte al giorno una minestra annacquata… le bocche da sfamare sono molte, e dormono sdraiati su una coperta stesa sulla terra battuta… l’unico letto non puó ospitare tutti. Imparano a seguire norme di igiene che per noi occidentali sono scontate. Puó apparire ridicolo menzionare queste informazioni, eppure questo serve a tenere lontane malattie come la scabia, il colera e la tubercolosi. 

Il sabato e la domenica le bambine frequentano l’Oratorio.

Anche se nei primi periodi risulta per loro difficile stare lontano dalla loro famiglia (per chi ha la fortuna di averla) – hanno nostalgia dei fratellini e di una vita senza regole – pian piano si abituano a questa nuova “famiglia”. È proprio cosí, nei cinque anni di convivenza c’è il desiderio di farle sentire in famiglia, ci si preoccupa di non far mancare il minimo necessario, di regalarle i vestiti e le scarpe, di curarle quando si ammalano… come si fa con i propri figli.

Finiti gli studi sostengono un periodo di prova, una volta superato, si garantiscono il diritto di entrare liberamente a far parte della “Familia di Artesanas María Auxiliadora”.

È una forma di lavoro cooperativo. Ricevono in dotazione gli “strumenti del mestiere”, gli aghi da maglia, oppure il telaio, i filati, per poter realizzare i capi richiesti.

Hanno la possibilitá di lavorare nelle proprie case, riunendosi una volta al mese per una settimana nella sede della Cooperativa, dove condividono le attivitá insieme alle compagne, portano a termine i lavori iniziati, ricevono la paga.

Durante questa settimana, come è avvenuto nei cinque anni di internato, sono ospitate gratuitamente. Possono portare con sé i figlioletti che, generalmente sono inseriti negli asili aperti dai volontari dell’Operazione Mato Grosso o, dove mancassero, si mette a disposizione una “tata” che si prende cura di loro in modo da lasciare libere le mamme di lavorare.

Strumenti del mestiere, filati, accessori, sono procurati dalle direttrici della Cooperativa che si occupano di distribuire il lavoro; le cooperativiste offrono la mano d’opera. Il loro salario dipende dalla quantità di capi realizzati e dalla difficoltá stessa del lavoro.

È importante sottolineare che avendo la possibilitá di lavorare in casa, si organizzano in maniera tale da avere cura della famiglia e dei lavori domestici.

Non è compito della cooperativista commerciare il prodotto realizzato, che rimane incombenza dell’Operazione Mato Grosso. Quindi la cooperativista viene pagata per il lavoro svolto sia che il capo verrá venduto o meno.

La maggior parte dei capi realizzati viene esportato in Italia e venduto in esposizioni temporanee in diverse cittá e localitá turistiche, di cui hanno cura un consistente gruppo di volontarie. Il valore del capo venduto viene devoluto interamente alle Cooperative Femminili, tutte le spese necessarie a sostenere l’esposizione vengono coperte attraverso una forma di “autotassazione” personale di ogni membro che collabora alla realizzazione.

È stato allestito anche uno spazio espositivo a Barranco (Lima), per la vendita di tutti i prodotti provenienti dalle “Familia de Artesanas María Auxiliadora”.

Sono fonti di ingresso anche interessanti collaborazioni nate con Falconeri (Italia), Philomena (Perú), Rockford (Chile). 

A tutt’oggi le cooperative aperte in Perú sono dieci, delle quali sette sono situate in villaggi della regione Ancash, una nella regione Huanuco, una nella regione Cusco, una nella regione Apurimac; una cooperativa sull’altipiano della Bolivia.

Comprendono circa 280 cooperativiste (il numero varia di anno in anno).